Il Borgo e il territorio
Un territorio di “Marca” da vivere
Monte Cavallo è uno dei più piccoli comuni della provincia di Macerata, e chi per la prima volta si accinge a visitare questo splendido paesino, situato a circa 650 mt sul livello del mare, si troverà di fronte una piccola gemma nella natura, ben conservata e incastonata all’imbocco di una gola racchiusa tra picchi rocciosi, dove la vita scorre tranquilla e serena. La sua posizione geografica, che lambisce l’estremità settentrionale dei Monti Sibillini, ne accentua le sue caratteristiche di luogo destinato a ritemprare lo spirito e le genuine passioni enogastronomiche. In questa oasi naturalistica sono disseminati qua e là le sue dodici frazioni del Comune, alcune delle quali, purtroppo, sono testimoniate solo da piccoli casolari o antichi ruderi, ma tutte assolutamente da scoprire, e sono: Cascine, Castello di Valcaldara, Cerreto, Cesure, Collattoni, Collebianco, Pantaneto, Pian della Noce, San Benedetto, Selvapiana, Valcaldara e Valle.
CENNI STORICI
Il nome “Monte Cavallo” fu dato dai francesi alla comunità che nel medioevo era sorta sulle frazioni sparse di Monsampolo. Il castello era ubicato poco sopra l’attuale capoluogo, e faceva parte del feudo dei conti Baschi, uno stato ghibellino turrito con castelli merlati a coda di rondine, che nella prima metà del duecento si estendeva in alcune valli del Chienti e del Nera: Valcaldara, Monsampolo, Caspriano, Pieve Torina, Giove, Elci, Per Canestro, la Rocchetta di Acquapagana, Dignano, Costafiore, Pievebovigliana, Antico, Pomarolo, Gallano. Tra il 1231 e il 1232 i Baschi vendettero vari castelli al Ducato di Camerino, che nel 1240, per ampliarsi, distrusse quello di Giove, perno di dominio e difesa. Quando nel 1259 i ghibellini assalirono Camerino non mancò il tradimento dei Baschi, ma tre anni dopo il castello di Monsampolo fu nuovamente riconquistato dal ducato. Nel 1274 Ranieri dei Baschi lo riprese, e si fortificò per resistere ai camerinesi, ma nulla poté contro il terremoto di qualche anno dopo, che distrusse gran parte del “castrum”. Mentre il comune di Foligno andava riorganizzando militarmente le zone vicine, Camerino offriva protezione e difesa a tutte le comunità montane di confine assorbendo quasi tutti i feudi dei Baschi. Nel 1296 Papa Bonifacio, rivendicò a sé, ed alla Chiesa, i castelli, le terre, i beni e tutti i diritti dei Baschi. Nel frattempo, negli anni, i Da Varano assorbono sempre più terre, quietano liti e si passano i castelli per testamento e divisioni, fra i quali proprio Monsampolo che nel 1430 fu assegnato a Gentipandolfo, e Valcaldara a Berardo, sempre della stirpe dei Da Varano.
Durante quei periodi la comunità viveva sparsa tra le frazioni, tanto che alcune, verso la fine del 1400, scomparvero totalmente lasciando ai posteri solo qualche rudere di casa colonica. In ogni frazione vi è ancora oggi una chiesa o un luogo di culto, che all’epoca apparteneva al vicariato di Pieve Torina o alla diocesi di Spoleto. In alcune di esse si possono ammirare dei veri capolavori eseguiti da Paolo da Visso e da Andrea De Magistris, ma la chiesa più recente è quella della Madonna della Valle, ricostruita per custodire e venerare una statua lignea della Madonna, purtroppo trafugata. Altri reperti storico artistico culturali di gran pregio sono custoditi presso il Museo Diocesano di Camerino, tra i quali si trovano riferimenti ai migliori capolavori di Piero della Francesca.
Nel 1440, 31 padri di famiglia si riunirono per nominare i sindaci e i procuratori incaricati di rappresentare la comunità presso il governo di Camerino. Forse risale alla penetrazione benedettina, in pieno medioevo, la formazione di un vasto possedimento terriero che in epoca successiva passò prima ai signori di Camerino, poi alla Camera Apostolica ed infine al Comune. Trattasi di 2152 ettari sui quali, per oltre il 50%, gravava un diritto di pascolo a favore del Principe Boncompagni. Dopo numerose contese giudiziarie, finalmente nel 1955 la Corte di Appello e la Corte di Cassazione restituirono il diritto di proprietà alla comunità, e alle popolazioni il diritto di pascolo estivo. Questo periodo di non chiarezza tra chi avesse la proprietà e chi l’uso (una concezione germanica del diritto diviso per “facultates” forse importata attraverso i Longobardi), non ha portato altro che un impoverimento delle stesse terre, lasciando alle popolazioni, per vivere, solo il diritto allo sfruttamento di alcuni pascoli e della legna dei boschi limitrofi. Era quindi inevitabile, dopo le due guerre mondiali, la forte emigrazione che porterà la popolazione lontana in cerca di fortuna, e la diminuzione demografica del paese.
TERRITORIO
Il territorio del Comune di Monte Cavallo è un paese che fra i monti trova la sua bellezza e la sua unicità. Oggi si espande su una superficie di 38.62 kmq, su un altimetria che va da 539 mt. s.l.m. a 1491 mt. s.l.m. La sede Comunale è situata in località Piè del Sasso, e gli abitanti si chiamano “montecavallesi’”. Fra i suoi monti c’è Monte Cavallo, un vasto rilievo dell’alto Chienti che qui, nella serrata Valle di San Benedetto, ha uno dei suoi rami sorgentizi. Stupisce per la bellezza delle sue faggete, che che lo ammantano quasi fino in cima; esemplari isolati, vetusti e contorti nella lotta con gli elementi atmosferici, si rinvengono sparsi nelle zone di pascolo a ricordare l’estensione maggiore della selva originaria. Dalla sommità si godono rare ed estese visuali panoramiche sui Sibillini a sud e sui monti che si rincorrono dai pianori di Colfiorito fino alle conche di Foligno e di Spoleto. È sul Monte Cavallo, allineato con il Monte Fema più a sud, e il Monte Pennino a nord, che passa il principale spartiacque appenninico, dal quale le acque confluiscono all’Adriatico con il Chienti e al Tirreno con il Nera e il Topino, affluenti del Tevere. La vita qui scorre lentamente, scandita dai millenari ritmi dell’agricoltura e della pastorizia; l’ambiente è conservatore, e i segni della storia sono ancora ben impressi sul terreno, nella struttura fondiaria, nelle tipologie insediative ed architettoniche.